L'Isola di Taiwan, o Formosa (così chiamata dai portoghesi nel XVI sec.), venne
occupata dagli olandesi nel 1624. Nel 1683 fu colonizzata dai cinesi e annessa
alla Cina. Fino alla prima metà del XIX sec. l'isola rimase chiusa al commercio
e solo dopo i Trattati di Tientsin (1858) venne aperta ai traffici europei. Dopo
la sconfitta riportata dalla Cina nel 1895 nella guerra contro il Giappone, fu
dichiarata colonia giapponese. L'isola tornò alla Cina nel 1945, in seguito alla
resa del Giappone alla fine del secondo conflitto mondiale. L'esultanza per la
fine del colonialismo giapponese dovette fare ben presto i conti con il regime
autoritario del Partito Kuomintang, guidato dal generale Chiang Kai-shek
rovesciato dalla Rivoluzione socialista cinese. L'isola fu infatti scelta come
sede del regime nazionalista sostenuto dalle potenze occidentali e in
particolare dagli Stati Uniti. Il generale si proclamò unico rappresentante
della Cina e, fino al 1972, occupò il seggio spettante alla Repubblica popolare
cinese al Consiglio di sicurezza dell'ONU. Quando scoppiò la guerra in Corea e
la Cina comunista si schierò dalla parte dei nord-coreani, gli Stati Uniti
intensificarono il loro impegno economico e militare a Taiwan, proteggendo
l'isola come uno stato in prima linea nella battaglia per la «difesa del mondo
libero». Durante la guerra fredda Taiwan divenne un paladino dell'anticomunismo
ed allacciò stretti contatti con molti regimi dittatoriali tra cui quelli del
Cile, del Paraguay, dell'Uruguay e del Sudafrica. Gli scioperi e i partiti
politici furono dichiarati illegali e fu applicata la legge marziale sempre in
nome della battaglia per la riconquista della Cina continentale. La campagna di
industrializzazione fu avviata negli anni Sessanta quando i tecnici della Banca
Mondiale e degli Usa, in collaborazione con il Governo, applicarono una
strategia di sviluppo orientata all'esportazione. Nel periodo 1953-85 Taiwan
registrò una crescita economica pari
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